Quale educazione al rischio Vesuvio

Del Prof. Flavio Dobran, Presidente della GVES

CONTENUTI


Scopo del volume

Alcuni anni fa, quando avviammo il progetto interdisciplinare VESUVIUS 2000 [1] allo scopo di prevenire una futura catastrofe nell'area vesuviana, ci rendemmo immediatamente conto della difficolta' di trasmettere gli obiettivi di tale iniziativa alla popolazione, dal momento che circa l'80% di essa non era informata sul rischio vulcanico [2]. Con piu' di 50 seminari nelle scuole, comuni e luoghi pubblici abbiamo cercato di migliorare la conoscenza vesuviana di questa popolazione. Abbiamo rilevato che le scuole di quest'area sono piu' ricettive a indagare, porsi domande e sperimentare nuove idee e spesso ci siamo meravigliati del fatto che, pure avendo grandi potenzialita', queste istituzioni non sono state pienamente utilizzate per creare un cittadino che sappia come dovrebbe comportarsi durante un futuro risveglio del vulcano. E' sorprendente che troppe scuole dell'area vesuviana stiano perdendo una grande opportunita' educativa, nella quale l'arte e le scienze potrebbero cosi' bene armonizzarsi con le potenzialita' socio-economiche del territorio. I costi della mancanza di educazione al rischio vulcanico, in termini di ignoranza delle possibilita' di esperienze umane, sono incalcolabili e dolorosi e, se non si riduce questa condizione, sara' impossibile per la popolazione valutare i meriti di qualsiasi iniziativa avviata a ridurre il rischio vulcanico e a favorire lo sviluppo del territorio. Le scuole dell'area vesuviana non solo hanno il difficile compito di formare i cittadini produttivi del domani, ma anche individui con la coscienza vesuviana. Per realizzare quest'ultimo obiettivo e' necessario che gli educatori comprendano pienamente le loro responsabilita' e si preparino all'assalto al gigante addormentato prima che si risvegli con tuoni e furia e in pochi secondi cancelli una generazione, una cultura e una ignoranza delle possibilita' non-realizzate.

Nel maggio del 1997 convocammo alcuni Presidi di scuole dell'area vesuviana nella S.M.S. F. D'Assisi di Torre del Greco [3] allo scopo di definire un progetto che potesse aiutare gli educatori dell'area nel loro compito di formare meglio le future generazioni sul rischio vulcanico. A tal proposito si decise di: (1) invitare le scuole dell'area a fornire lavori connessi all'educazione al rischio Vesuvio, (2) raccogliere i lavori in un volume, (3) sperimentare i contenuti di questo volume sul territorio, (4) aggiornare il volume con nuove informazioni, e (5) divulgare il risultato del progetto sul territorio durante l'anno scolastico 1998-1999. I lavori raccolti nel volume rappresentano la positiva risposta e dovrebbero essere visti come un'informazione iniziale di diverse esperienze educative al rischio Vesuvio nel territorio, alcune delle quali abbiamo noi promosso come parte del progetto VESUVIUS 2000.

Dai lavori ricevuti fu possibile strutturare il volume durante un secondo incontro delle scuole interessate nell'ottobre del 1997 presso l'I.T.C. Sturzo di Castellammare di Stabia [4], dividendo il volume in tre parti: (1) vulcanismo e il Vesuvio, (2) territorio, e (3) educazione al rischio Vesuvio. A coloro che hanno collaborato al volume fu chiesto di lavorare con la GVES per formalizzare i lavori e produrre un volume da presentare e discutere in un seminario il 16 dicembre 1997, al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, dopo la manifestazione degli alunni dell'area vesuviana per ricordare l'anniversario dell'eruzione sub-pliniana del 1631 che distrusse gran parte del territorio. Per una piu' completa comprensione della dimensionalita' del problema Vesuvio abbiamo anche sollecitato i contributi di alcuni esperti, in merito all'attivita' vulcanica, previsione, gestione e prevenzione dell'emergenza e aspetti socio-economici dell'area. Abbia\-mo, comunque, cercato di limitare i contributi degli esperti esterni per privilegiare quelli che provenissero dagli educatori del territorio, perche' le attivita' didattico-educative, prodotte da quest'ultimi, dovrebbero essere trasferite piu' efficacemente sul territorio.

Interpretazione dei contenuti del volume

Chi e' responsabile dell'attuale mancata educazione al rischio vulcanico nell'area vesuviana: le inefficienze educative delle scuole che difettano di un potere locale o l'incapacita' genetica intellettuale della gran maggioranza della popolazione che dell'istruzione sa cogliere solo gli effetti basilari letterari e professionali? Noi abbiamo solo tre idee educative fondamentali [5-7]: (1) che dobbiamo conformare i giovani alle norme e convenzioni della societa' adulta del momento, (2) che dobbiamo insegnare loro la conoscenza che assicurera' che il loro pensiero sia conforme con cio' che e' reale e vero al riguardo del mondo, e (3) che dobbiamo incoraggiare lo sviluppo delle potenzialita' individuali di ogni studente. Ma poiche' queste idee sono anche mutualmente incompatibili, esse sono state anche una causa della lunga durata dei problemi legati all'educazione e sono, oggi, la base delle nostre difficolta' pratiche nel processo di insegnamento.

La prima idea educativa ha la base nella socializzazione o e' centrale all'idea che i giovani devono essere avviati alla conoscenza, alle capacita' professionali, ai valori e promesse che sono comuni alla societa' degli adulti [5]. Questo assicura che i giovani impareranno e ricorderanno il bagaglio di conoscenze e anche assumeranno i valori che sostengono la struttura della societa' e consolideranno il senso d'identita' dei suoi singoli membri. L'omogenizzazione dei giovani a sostenere le regole e i valori della societa' e' prerogativa delle norme occidentali e occupa uno spazio preminente nell'attuale sistema educativo. Ma questa idea educativa entra in conflitto con la seconda idea Platonica, secondo la quale l'educazione dovrebbe essere un processo di apprendimento di quegli aspetti del sapere tesi a fornire agli studenti una visione privilegiata e razionale della realta'. Nella Repubblica [6] Platone (c. 428-347 a.C.) voleva dimostrare che la formazione di un individuo ben socializzato e pratico, fornito di capacita' professionali da buon ed effettivo cittadino, non e' solo un ideale inadeguato sotto il profilo educativo ma anche disprezzabile. L'idea Platonica e' cosi' diffusa nelle scuole di oggi che quasi nessuno si chiede quali siano i valori da coltivare nei giovani, perseverando invece nell'insegnamento di una grande varieta' di materie che la maggior parte degli studenti non utilizzera' mai praticamente. Le scuole dominate da questa idea tendono ad essere chiamate elitiste, perche' queste valorizzano "valori persistenti" del sapere al di sopra delle esigenze della vita sociale attuale. Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) riconosceva che la Repubblica di Platone "e' la migliore opera sull'educazione mai scritta", ma concluse che il metodo di Platone, nelle mani di un pedagoga demotivato, produce miseria, violenza e frustrazione negli studenti. Nell'e'mile [7] Rousseau focalizzo' l'attenzione sulla natura dello sviluppo dell'allievo e dedico' meno tempo a cio' che dovrebbe essere appreso e piu' a cio' che gli allievi sono capaci di imparare nelle diverse eta', come trarre il massimo vantaggio dalla capacita' di ogni studente. I punti centrali dello schema educativo di Rousseau sono, comunque, la dettagliata osservazione e l'analisi degli studenti, il riconoscimento delle diverse forme di apprendimento che caratterizzano le varie fasce d'eta', la costruzione di metodi di insegnamento che utilizzano specifiche richieste di apprendimento degli studenti, l'evidenziazione delle differenze individuali tra i discenti, l'incoraggiamento di un apprendimento attivo piu' che passivo e il riconoscimento che la conoscenza, fatta di scoperte personali, e' di gran lunga piu' proficua di molte parole del docente.

Possiamo noi socializzare o conformare gli studenti alle norme e valori dominanti, assicurare che essi accumulino il tipo di conoscenza che dara' loro una visione piu' vera del mondo e li aiutera' a realizzare la loro potenzialita' ad ogni fase dello sviluppo? Lo scopo omogenizzante della socializzazione, che e' di riprodurre in ogni studente un particolare insieme di credenze, convenzioni, norme di comportamento e valori, e' necessariamente in conflitto con il processo che mira a mostrare tali inadeguatezze espresse dal modello Platonico. Nessuno, oggi, crede che l'ideale di Platone di conoscenza diretta del mondo e' reale, e' vero, e' buono, e' bello ed attendibile, ma soltanto confida nei promessi benefici di questo ideale. Naturalmente noi vogliamo l'armonia sociale e la stabilita' psicologica che una socializzazione di successo incoraggia, ma vogliamo anche l'esercizio della mente, lo scetticismo e il dedicarsi alla razionalita' che il programma di Platone prevede. I sostenitori di Platone promuovono gli ``elementi di base" e un curricolo solido, mentre quelli di Rousseau promuovono ``rilevanza" e spazio per la ricerca-scoperta degli studenti - due schieramenti in conflitto tra loro. La socializzazione e Rousseau sono in un conflitto simile, perche' se noi vogliamo sviluppare pienamente la natura dell'alunno, allora dobbiamo costantemente difenderlo dalle pressioni della societa'. La televisione, per esempio, e' un potente strumento nel costruire modelli di norme e valori sociali dominanti e nel distorcere il proprio "naturale" sviluppo. Gli insegnanti, influenzati da Platone, che vogliono mettere in atto le prove piu' rigorose cosi' che l'apprendimento di un sapere disciplinato possa essere massimizzato, vengono frequentemente in conflitto con gli insegnanti influenzati da Rousseau, che vogliono eliminare le prove per lasciare un maggior spazio alle opportunita' esplorative degli studenti. Le scuole moderne hanno sviluppato un compromesso tra le tre idee - un compromesso che cambia in una direzione o l'altra in risposta ai movimenti sociali.

L'educazione puo' essere descritta in termini di "tipi di conoscenze" che si sono sviluppati nella storia evolutiva e culturale in una particolare sequenza, unificandosi ad ogni successivo grado. L' apprendimento mitico e' tipicamente dominante nell'eta' dai due agli otto anni, quando i contrasti (amore/odio, felice/infelice, caldo/freddo, ecc.), la fantasia, la metafora, il ritmo e la narrativa, le immagini, le storie e i loro significati e l'umore sono utilizzati per stimolare i giovani allievi a divenire fruitori fluidi ed effettivi dei vari linguaggi [8]. Usando i contrasti, il Vesuvio potrebbe essere descritto agli alunni molto piccoli in termini di natura attiva e passiva di un luogo infuocato, di prodotti caldi e freddi, dove la natura e cultura regnano supreme di epoca in epoca. Utilizzando la fantasia, il Vesuvio e il territorio circostante potrebbero essere trasformati in paesi incantati o regge minacciose con le forze dell'odio e dell'ira che incombono su una societa' pacifica. La metafora comporta il parlare su qualcosa in termini derivati da qualcosa di diverso ed e' uno strumento chiave per promuovere un apprendimento flessibile e produttivo. Le rime e i ritmi forniscono un altro strumento ai giovani per ricordare nuovi concetti e idee, mentre l'uso delle immagini e' molto utile per l'apprendimento di questi concetti. Certi tipi di narrative generano stati emotivi molto precisi e la strutturazione della storia gioca un ruolo di rilievo nell'apprendimento mitico. La prima implicazione dell'apprendimento mitico e' che i bambini imparano ad usare un linguaggio scorrevole e flessibile, mediante il quale essi potranno esprimere le loro esclusive percezioni ed esperienze, come l'esistenza del Vesuvio.

Dagli 8 ai 15 anni circa i bambini iniziano ad adottare il mondo degli adulti con l'apprendimento romantico che forma un oggettivo metodo per l'acquisizione di nuova informazione [9]. Un proficuo approccio alla conoscenza del Vesuvio e alle sue eruzioni, per il gruppo di questa eta', dovrebbe essere sviluppato associando il Vesuvio e il territorio circostante alla persistente tendenza dell'uomo a ricostruire il proprio territorio anche dopo eruzioni terribili e devastanti, agli sforzi dell'uomo per sfuggire al pericolo dei terremoti, agli speculatori che hanno costruito le Ville Vesuviane ed edifici vicino al cratere, al sorprendente confronto di Sir Hamilton con il vulcano durante le eruzioni alla fine del 1700, alle aspirazioni dei nobili dell'Eta' dell'Illuminismo ad educarsi sulle scoperte del periodo e quindi partecipare al Grand Tour di Europa e Vesuvio, ecc. L'apprendimento romantico e' vivace, energetico, meno imperniato su strutture sistematiche, ma piuttosto su collegamenti inattesi che arrecano piacere. Un metodo particolarmente effettivo per l'apprendimento romantico e' che gli allievi esplorano i limiti delle realta': le piu' grandi imprese, i piu' grandi disastri ed eruzioni vulcaniche, i piu' esotici trattamenti delle esperienze umane e quelle del mondo naturale. Mediante i termini romantici gli allievi gradualmente iniziano a organizzare una realta' autonoma che all'eta' di circa 15 anni tende a trasformarsi nell'apprendimento filosofico.

Gli studenti in questa fascia d'eta' tendono ad aquisire un pensiero sistematico-teoretico e il credere che la verita' puo' soltanto essere espressa nei suoi termini. Questo apprendimento filosofico si basa sulle concezioni del mondo di Platone e di Aristotele. La mente filosofica focalizza, quindi, la connessione tra oggetti, costruendo teorie, leggi, ideologie e schemi metafisici per poi collegare i fatti ed acquisire cosi' le conoscenze necessarie per ottimizzare lo schema. L'educazione al rischio vulcanico a studenti di quest'eta' e' la piu' semplice, perche' gli insegnanti possono affrontare questo argomento sotto il profilo scientifico, culturale ed economico. Questo puo' includere uno studio scientifico delle eruzioni del Vesuvio e analisi socio-economica del territorio a rischio allo scopo di quantificare i futuri danni.

Una strategia educativa al rischio vulcanico sul Vesuvio potrebbe essere vista come un processo il cui centro di interesse e coinvolgimento intellettuale comincia con le costruzioni mitiche del vulcano, stabilendo poi ``romanticamente" i limiti e l'estensione della realta' del Vesuvio e suoi dintorni, e infine "filosoficamente" mappando le maggiori caratteristiche del problema Vesuvio con integrazioni interdisciplinari. In quest'attivita' "filosofica", gli studenti si riconoscono come parti di processi complessi il cui apprendimento porta alla scoperta della verita' su se stessi e sul loro ambiente. Una persona con l'abilita' del pensiero filosofico e' la piu' idonea a focalizzare il problema centrale, analizzarlo e intervenire per una soluzione. Lo sviluppo sistematico dell'apprendimento filosofico sembra attualmente normale solo per un esiguo gruppo della popolazione che ha adeguatamente appreso l'apprendimento mitico e romantico. Il metodo filosofico e' alla base dei lavori interdisciplinari ed e' quindi essenziale, per un'efficace educazione al rischio, acquisire questa capacita'. Se, oggi, si ci ritrova nella difficolta' di affrontare tale problematica nel territorio, come proposto nel progetto VESUVIUS 2000, trovando scarsa disponibilita' anche in coloro che dovrebbero, per il loro ruolo rilevante nella societa', accostarsi al problema, significa che l'apprendimento filosofico non si e' realizzato.

Divulgazione e riscontro

I lavori scolastici sull'educazione al rischio vulcanico in questo volume contengono solo alcuni elementi dei tre tipi di apprendimento: (1) mitico, (2) romantico, e (3) filosofico, secondo se la scuola sia materna-elementare (Scuola Materna del IV Circolo di Portici), media (Comes, Pascoli e Scotellaro) o superiore (Liceo Scientifico di Terzigno, I.T.C. L. Einaudi di S.G. Vesuviano e I.T.C. di S. Anastasia), rispettivamente. Il lavoro "Vesuvio: quale educazione?" analizza "lo stato attuale della coscienza dei vesuviani caratterizzata da una non-conoscenza, scarsa conoscenza o addiritura conoscenza distorta". Altri lavori nel volume hanno l'obiettivo di fornire adeguate informazioni agli insegnanti su argomenti come il sistema vulcanico e il suo funzionamento; la modellizzazione fisico-matematica del sistema vulcanico; la storia eruttiva del Vesuvio e la problematica connessa alla previsione e gestione dell'eruzione; la realta' socio-economica del territorio; il livello dell'educazione al rischio della popolazione; le iniziative educative della GVES per una cultura della sicurezza.

Abbiamo cercato di produrre un volume quanto piu' possibile informativo-formativo nella speranza che gli insegnanti lo troveranno interessante e ricco di spunti, per allargare i propri orizzonti e quelli delle generazioni future dell'area vesuviana. Il volume rappresenta, al momento, il primo tentativo di acquisizione di una responsabile quanto globale visione del problema. Solo se saranno soddisfatte le condizioni alla base di un serio processo di insegnamento-apprendimento in merito, sara' possibile guardare al futuro con prospettive di progresso civile e culturale per aver, finalmente, superato lo stato di paura del vulcano dovuto alla disinformazione e alla non conoscenza del territorio. Si ci aspetta la collaborazione di tutti coloro che vorranno fornire ulteriori indicazioni per aggiustamenti e miglioramenti delle metodologie usate nei lavori presentati, cosi' da rendere il volume solo l'inizio di un effettivo cambiamento, all'insegna di confronti, aperture e scambi di esperienze.

Ringraziamenti

Per la stesura del volume si ringraziano i Presidi e i coordinatori dei lavori pervenuti dalle scuole dell'area vesuviana, mentre per la coordinazione di questa iniziativa e per la redazione dei lavori si ringraziano le Prof.sse Ida Mascolo e Gelsomina Sorrentino e Sig. Michele Albertino.

Bibliografia


Educazione al rischio Vesuvio?