In Italiano

CONTENUTI

Corriere del Mezzogiorno (29/4/98), Il Giornale del Sud (29/4/98)


Poveri Vesuviani

del Prof. Flavio Dobran, GVES, Napoli

Il Giornale del Sud (5/5/98), Metropolis (13/5/98), Il Giornale di Napoli (19/5/98; 25/5/98; 3/6/98)

A Napoli durante la conferenza stampa del 28 aprile il sottosegretario alla Protezione Civile Franco Barberi rilascio' alcune dichiarazioni sul rischio Vesuvio che non solo non sono degne di un funzionario dello Stato ma neanche accettabili da uno scienziato che dovrebbe sapere chi sono le persone competenti oggi in Italia per sviluppare adeguati progetti per la riduzione del rischio. Da queste dichiarazioni risulta molto chiara la inadeguatezza del Piano Nazionale di Emergenza dell'Area Vesuviana dove i Vesuviani sono le pedine nel gioco del potere di quelli che gestiscono il rischio Vesuvio, abituati ad aggirare l'ostacolo e mai ad affrontarlo.

Con la dichiarazione che "ci sono persone competenti e responsabili che si occupano del problema e sono le uniche che sanno veramente cosa accade nel sottosuolo del vulcano", Barberi afferma che queste persone sono quelle piu' adatte a sviluppare un adeguato progetto per la riduzione del rischio Vesuvio. Ricordiamo che queste "persone competenti" sono quelle che sanno come prevedere l'eruzione del Vesuvio almeno tre settimane in anticipo, quando gli esperti della vulcanologia internazionale che hanno gestito le previsioni al Monte St. Helens negli Stati Uniti nel 1980 e Pinatubo nelle Filippine nel 1991 sanno solo come farlo due o tre giorni in anticipo, o non prevederla affatto come e' accaduto al Montserrat nell'America Centrale l'anno scorso. Gli stessi "esperti" di Barberi riusciranno ad evacuare circa 600.000 persone in una settimana quando circa l'80% della popolazione vesuviana e' disinformata sulle problematiche del vulcano e quando la gran parte del territorio tremera', compromettendo sistemi elettrici e telefonici, e la popolazione vesuviana cerchera' di fuggire dai labirinti delle citta'? Forse un progetto pilota di evacuazione della Protezione Civile, previsto e pianificato solo per Somma Vesuviana che ha una densita' di circa 1.000 persone per km quadrato (solo Terzigno dei 18 Comuni vesuviani ha una piu' bassa densita') verso la direzione non minacciata dalla popolazione circostante, sara' fattibile, ma al contrario evacuare Cercola o Torre del Greco con circa 4 mila persone per km quadrato o Portici con circa 15.000 abitanti per km quadrato, circondati da paesi con migliaia e migliaia di persone, e' tutto un altro discorso. Il Prof. Barberi sta veramente scherzando quando vuole evacuare un milione di persone in una settimana, quando la sua Commissione Vesuvio non sa neanche' come definire un "progetto pilota per l'evacuazione dell'area vesuviana"! Ma anche se i Vesuviani saranno in qualche modo evacuati dall'area vesuviana con autovetture, bus e treni, riusciranno le "persone competenti" di Barberi a realizzare i millantati gemellaggi per l'Italia senza perturbazioni socio- economico-politiche delle regioni ospitanti, e riusciranno veramente questi "esperti" a proteggere dagli speculatori almeno 300 km quadrati del territorio dopo la diaspora della popolazione vesuviana? Sembra che le "persone competenti" di Barberi abbiano deciso, senza aver mai consultato i Vesuviani, che il destino di questi sia altrove, che la loro cultura non sia da preservare ma anzi da distruggere. Sembra che solo cosi' le future generazioni avranno l'opportunita' di costruire una vera e propria cultura della sicurezza nell'area vesuviana! Dire che solo le "persone competenti" di Barberi sono le uniche che sanno veramente cosa accade nel sottosuolo del vulcano, significa che solo il suo gruppo di consulenza, il Gruppo Nazionale per la Vulcanologia (GNV), e' competente a lavorare sul Vesuvio, che nessun altro, straniero o non, possa contestare gli "esperti" di questo gruppo, che ha il compito supremo in Italia di gestire tutte le problematiche vulcanologiche. Questa politica non e' nuova ed e' spesso stata utilizzata da Barberi per convincere i politici che il suo GNV e' l'unico gruppo competente per gestire il rischio vulcanologico. Dovrebbe essere chiaro che una tale politica serve solo per rinforzare il potere del comitato ristretto del GNV (L. Villari da Catania, L. Civetta da Napoli, P. Gasparini da Napoli, F. Innocenti da Pisa, M. Valenza da Palermo) che, con circa sei miliardi all'anno di finanziamenti dalla Protezione Civile, decide quali ricercatori hanno il merito di entrare nelle istituzioni geologico-vulcanologiche italiane. Inevitabilmente, se uno non e' in linea con la direzione del comitato ristretto del GNV non puo' oggi in Italia fare carriera in vulcanologia, non puo' lavorare sul Vesuvio, non puo' permettersi il lusso di contestare gli "esperti" di Barberi, che fino a ieri credevano nei risultati dei lavori vulcanologici secondo i quali la camera magmatica e' da 3 a 5 km di profondita', mentre oggi sostengono che e' a 10 km, secondo un poco attendibile studio geofisico. Non e' possibile neanche' contestare la scelta degli "esperti" del GNV per aver assegnato un posto all'Osservatorio al marito della Direttrice per insegnare nell'area vesuviana come "fuggire" dal vulcano. Non si puo' neanche' contestare l'Osservatorio Vesuviano perche' questa struttura e' ufficialmente riconosciuta e solo i suoi componenti hanno il sacro diritto di avere l'ultima parola sul Vesuvio, spendendo circa 15 miliardi all'anno e sostenendo un piano non attendibile. Ma siamo veramente in un stato democratico? Tutto cio' mi ricorda l'opera "Nuovo Atlandide" di Francesco Bacone, nella quale un gruppo di scienziati dello Stato decide quali dati e informazioni possono essere divulgati o nascosti alla popolazione.

Con l'affermazione "non nasconderemo mai nulla", Barberi prende in giro non solo l'intera popolazione dell'area vesuviana, ma anche il mondo intellettuale, in quanto il Piano Nazionale di Emergenza e' nascosto alla popolazione e i lavori della Commissione Vesuvio non sono aperti al pubblico o agli scienziati che non fanno parte della Commissione. Barberi si permette di fare una tale affermazione perche' sa bene che non sara' ritenuto responsabile di essa, perche e' ben protetto da quelli che utilizzano l'indifferenza dei Vesuviani sul rischio Vesuvio. In un paese civile non dovrebbe accadere che un membro del Governo controlli se stesso e, se questo accade, significa che alcune leggi non sono adeguate o rispettate per proteggere i diritti dei cittadini. Quali propositi sta nascondendo la Commissione Vesuvio per decidere che il destino dei Vesuviani sia fuori della Campania? Che l'identita' culturale dei Vesuviani non debba essere conservata e rispettata? Che un massiccio piano di evacuazione dell'area vesuviana e' l'unica valida soluzione al problema? Come puo' una decina di persone della Commissione decidere il destino di circa un milione di Vesuviani? La presente Commissione Vesuvio e' dunque pericolosa perche' non e' strettamente controllata dall'esterno attraverso una rappresentanza di cittadini vesuviani e scienziati non allineati con Barberi. Come puo' la Protezione Civile decidere la legittimita' dei risultati dei gruppi che finanzia? Questo e' un vero e proprio conflitto di interesse da parte di Barberi e che sembra non aver alcun peso anticostituzionale in questo Paese.

Dalla affermazione da parte di Barberi che "la previsione sara' fatta in base allo studio dei precursori storici", risulta chiaro che neanche il suo gruppo di "persone competenti" sapra' come prevedere l'eruzione del Vesuvio, come io ho sostenuto fin dal primo giorno dell'uscita del documento del Piano nella stampa tre anni fa. Nonostante cio', il sottosegretario si e' permesso il lusso di portare avanti, con denaro pubblico, un Piano che fa male alla popolazione perche' non considera le sue abitudini ed interessi, e allo stesso tempo blocca iniziative indipendenti per la riduzione del rischio come VESUVIUS 2000.

Con la affermazione "ne' Luongo ne' Dobran hanno mai avanzato richieste di finanziamenti per la ricerca, come possono affermare che c'e' un monopolio", il Prof. Barberi vuole proteggere il monopolio del GNV sulle problematiche vulcanologiche italiane. Il problema del monopolio della ricerca vulcanologica non dipende da richieste o meno di finanziamenti per la ricerca, ma piuttosto che esiste un gruppo ristretto di amici di Barberi dentro il GNV che gestisce tutti i finanziamenti vulcanologici della Protezione Civile e decide i posti della ricerca nelle istituzioni in campo geologico- vulcanologico. Questo gruppo e' incapace di sostenere un serio progetto interdisciplinare sul Vesuvio, perche' questo richiede che i geologi e vulcanologi non controllino piu' le risorse per la gestione del rischio su questo vulcano. Anzi, nel 1994/95 abbiamo chiesto ufficialmente al sottosegretario, alla direttrice dell'Osservatorio, ed altri colleghi di Barberi come Gasparini e Villari (Presidente di GNV) di partecipare alla iniziativa interdisciplinare VESUVIUS 2000, ma non hanno neanche' risposto. Il sottosegretario sa bene che questo progetto e' noto ai Vesuviani, alla stampa nazionale ed internazionale, alle reti televisive americane, canadesi ed inglesi, ma che e' anche in contrapposizione con il Piano della Protezione Civile, perche' richiede la creazione di una cultura della sicurezza nel territorio e non di "fuggire" come previsto dal Piano. Il Prof. Barberi e' dunque ben informato su questo progetto e su che cosa esso intende produrre per la popolazione dell'area vesuviana. Facendo finta di non saperlo, commette una grave violazione del suo ruolo pubblico e scientifico perche' non solo consapevolmente sta bloccando lo sviluppo di un'alternativa al suo Piano per la popolazione vesuviana, ma anche ostacolando i progressi scientifici e sociali del Paese.

Ma la volonta' di non considerare alternative al Piano di Protezione Civile per il Vesuvio e' anche diffusa tra i Parlamentari e tra i membri del Governo, perche' sollecitando i membri della Camera e del Senato, il Presidente della Repubblica, i Ministri e il presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (lettere di 24/1/96, 7/11/97, 19/2/98, 30/3/98, 31/3/98, 27/4/98) per un intervento serio sul Vesuvio, non abbiamo ricevuto alcuna risposta concreta. Dal 1994 noi stiamo lavorando nel territorio vesuviano e realizzando gli obiettivi del progetto VESUVIUS 2000 senza alcun aiuto dallo Stato, perche' la ricerca vulcanologica italiana e' monopolizzata da un gruppo politicizzato, gia' in passato guidato da Barberi, che pratica ostruzionismo utilizzando il potere dello Stato. Inoltre, il sottosegretario ha dimenticato quando nel 1993 il GNV ha tagliato i nostri finanziamenti per produrre il Simulatore Vulcanico Globale per il Vesuvio, perche' questo richiedeva lo svliluppo di una metodologia meno geologico- vulcanologica e piu' fisico-matematico-informatica e socio- economico-educativa per la mitigazione del rischio Vesuvio. Deve essere dunque chiaro a Barberi e alle sue "persone competenti" del GNV e della Commissione Vesuvio che non sara' permesso di appropriarsi delle idee e risultati di VESUVIUS 2000, dopo aver ostacolato tutto cio' che stiamo cercando di sviluppare per l'area vesuviana.

L'ultima dichiarazione di Barberi e' "molto interessante" perche' spiega bene che anche dietro un progetto sbagliato per la popolazione vesuviana si possono creare grandi fortune politiche ed economiche. Infatti nella affermazione "e' previsto che il Consiglio dei Ministri dichiari lo stato di emergenza nazionale e che vengono destinate tutte le risorse necessarie", in caso di emergenza sul Vesuvio, si nasconde un abusivismo di enorme scala, molto piu' ampio di quello edilizio nel territorio. Il Piano di Emergenza e' certamente utile per la classe dirigente perche' da' a loro tutto il potere di gestire enormi somme di danaro durante un'emergenza del Vesuvio. Una volta scattata l'emergenza sul Vesuvio, questa diventera' emergenza nazionale e saranno stanziati miliardi e miliardi per le regioni che dovranno ospitare i Vesuviani. Agli amministratori di queste regioni sara' servito su un piatto d'oro denaro pubblico, mentre i poveri Vesuviani saranno sistemati lungo le strade e binari ferroviari o, peggio, sepolti da tonnellate e tonnellate di materiale vulcanico perche' non sono riusciti ad evacuare in tempo. Tutto questo potrebbe avvenire perche' il Piano, cosi' come e' impostato, riuscira' ad insegnare alle future generazioni dell'area vesuviana che esiste solo la possibilita' di fuga, quando ormai gli stessi promotori del Piano non ci saranno piu'. Anche il Provveditore agli Studi di Napoli Salvatore Cina' dovrebbe essere "fiero" di aver promosso nelle scuole un Piano con pochi contenuti educativi e non finalizzati alla creazione di una cultura della sicurezza nell'area vesuviana.

Poveri Vesuviani, non avete la fortuna di disporre di amministratori e rappresentanti nel Parlamento che sappiano come promuovere gli esperti non allineati con Barberi e il suo gruppo di consulenza; esperti che sappiano come trasformare il Vesuvio in un bene culturale e socio-economico e come rendere il territorio molto piu' sicuro per voi. La creazione di una cultura della sicurezza non sara' facile perche' richiede un cambiamento del vostro atteggiamento nei confronti del modo in cui dovra' essere gestito il rischio Vesuvio: non con un massiccio piano di evacuazione che fa comodo ai gruppi ristretti politicizzati, ma con interventi attivi nel territorio, indirizzati alla ripianificazione, che portino alle incentivazioni di nuove prospettive economiche e alla crescita socio-culturale dei cittadini.


Piu' Infido del Vesuvio e' il Piano

del Prof. Giuseppe Luongo, Universita Federico II Napoli

Il Giornale del Sud (5/5/98)

Gli unici a credere ancora nella bonta' del Piano di emergenza per l'area vesuviana sono il sottosegretario Barberi e la direttrice dell'Osservatorio Vesuviano, Lucia Civetta. Questi esprimono giudizi positivi sul Piano, ma nei fatti ne dichiarano l'inconsistenza. Barberi, infatti nell'affermare che "il Piano per l'evacuazione del Vesuvio e' stato gia' notevolmente migliorato", dichiara esplicitamente che il Piano aveva notevoli punti deboli, come rilevato piu' volte del sottoscritto e da Dobran. Per di piu' questa dichiarazione del sottosegretario e' generica, in quanto non indica in che cosa sia stato "notevolmente migliorato".

Sulla base dell'esperienza acquisita in questa triste vicenda, conservero' una riserva sulle recenti dichiarazioni del sottosegretario in attesa di una verifica con i fatti.

Barberi conferma l'inadeguatezza del Piano quando dichiara che non esiste un progetto per le persone evacuate e nessuna risorsa e' prevista per la riduzione del rischio nell'area vesuviana, se non dopo la dichiarazione dello stato di emergenza. Il sottosegretario, durante l'ultima conferenza stampa, non ha fornito alcuna risposta alle critiche sollevate sulla previsione dell'eruzione, sull'attendibilita' ingegneristica del Piano, sulla difesa del patrimonio artistico e culturale, sul controllo dei finanziamenti della ricerca finalizzata alla Protezione Civile. Purtroppo la denuncia fatta sulla stampa che i finanziamenti, che il Dipartimento di Protezione Civile destina alla ricerca scientifica per i propri compiti istituzionali, sono gestiti da un "Comitato" (Gruppo Nazionale per la Vulcanologia) che si autofinanzia, non ha trovato sensibile il sottosegretario.

Ci si chiede chi controlla l'Osservatorio Vesuviano, l'Istituto Internazionale di Vulcanologia del CNR, l'Istituto di Geochimica dei Fluidi del CNR, le Unita' di Ricerca di enti e di istituti universitari, se i vertici di queste strutture sono del "Comitato" che distribuisce i finanziamenti della Protezione Civile?

Potranno mai i Componenti del "Comitato" dichiarare inadeguati i propri programmi di ricerca e non finanziarli?

E' questa la trasparenza che ci aspettiamo da istituzioni che devono svolgere compiti cosi' delicati come quello della salvaguardia delle persone e del territorio esposti al rischio vulcanico?

Non si puo' attendere oltre per un profondo cambiamento in questo settore, percio' abbiamo chiesto le dimissioni del sottosegretario e del direttore dell'Osservatorio Vesuviano. Durante l'ultima conferenza stampa, il sottosegretario alla Protezione Civile ha diffuso abbondanti veleni per rendere poco credibili chi critica il Piano del Vesuvio. Quando un uomo di Governo lancia accuse di disfattismo ed allarmismo a chi avanza critiche scientifiche su un documento tecnico, egli non ha elementi scientificamente validi per superare la critica.

In questi confronti il Professor Barberi si sdoppia, prima segue il percorso da scienziato con la dimostrazione della validita' scientifica della sua tesi, poi, in difficolta, cortocircuita tutto con il potere che gli deriva dalla funzione di massimo responsabile politico della Protezione Civile. Quanta confusione produce Professor Barberi e quanti danni! Appellare disfattista, Professor Barberi, chi confuta le sue tesi e' grave e mostra la sua debolezza e quella dell'Istituzione che rappresenta. Chi gli consente tutto cio'? Lo sa che delle sue azioni da sottosegretario deve dar conto al Paese? Per quanto riguarda l'allarmismo, poso affermare, senza tema di smentita, che da tempo sono impegnato a trasmettere primariamente alle Autorita' locali le mie gravi preoccupazioni sui contenuti del Piano di emergenza per il Vesuvio e non giammai per l'approssimarsi di un'eruzione catastrofica al Vesuvio. In buona sostanza, attualmente il pericolo maggiore per la Comunita' vesuviana non viene dal Vesuvio ma dal Piano. Il sottosegretario ha dichiarato che avrei condiviso il Piano quando facevo parte della Commissione nominata dal Ministro per la Protezione civile per la sua redazione. E' un falso! Ho fatto parte della Commissione ma mi sono opposto fin dall'inizio alle scelte che ne hanno indirizzato i lavori, come testimoniano le burrascose sedute plenarie del novembre 1994 e del febbraio 1995. Ho tenuto fino alla fine dei lavori di evitare che la commissione licenziasse un documento inadeguato, pericoloso ed inaccettabile per la comunita' vesuviana e per le istituzioni scientifiche e culturali del territorio. Il 25 settembre 1995, quando e' stato presentato il documento finale, ho fatto quanto mi restava da fare: ho votato contro, sapendo di rimanere isolato perche' l'autonomia delle decisioni ha un costo troppo elevato per alcuni, mentri altri, per il loro ufficio, devono ubbidire. In quel consesso non erano autonomi i miei colleghi, perche' vincolati ai finanziamenti della ricerca controllati dal sottosegretario; non erano autonomi i funzionari del Dipartimento della Protezione Civile, della Prefettura, degli enti locali perche' devono sostenere le scelte dei superiori; non erano autonomi gli ufficiali delle forze dell'ordine e delle forze armate perche' obbediscono ai comandi delle Autorita' governative. Successivamente ho sempre criticato il Piano, ben conoscendone i limiti, ed ho scelto di non sottopore al Gruppo Nazionale per la Vulcanologia (GNV) un progetto alternativo per la riduzione del rischio nell'area vesuviana, ammaestrato dall'esperienza acquisita durante la stesura del progetto VESUVIUS 2000 ideato da Dobran. Il progetto fu ostacolato dai vertici del GNV sia in Italia che in Europa. Se la Protezione Civile vuol confrontarsi sul terreno del rischio Vesuvio, finanzi il progetto VESUVIUS 2000, al quale partecipano diverse Universita' e Centri di ricerca italiane ed europee, ed utilizzi tutti i controlli previsti per un contratto di Ricerca scientifica perche' siano fornite le giuste garanzie a tutti.

Qualche commento sul comportamento della direzione dell'Osservatorio Vesuviano non puo' essere sottaciuto, per la rilevanza della funzione di questo ente per la sicurezza dell'area vesuviana. E' grave che i dati acquisiti dal sistema di sorveglianza del Vesuvio siano blindati e non disponibili per la Comunita' scientifica particolarmente esperta per le problematiche trattate, come quella dell'Universita' Federiciana di Napoli. Cosi', mancando una diffusione dei dati, manca il dibattito e l'interpretazione di quanto sta accadendo al Vesuvio, che puo' emergere solo dall'elaborazione dei ricercatori dell'Osservatorio Vesuviano. Ma i dati circolano liberamente all'interno dell'Osservatorio, oppure la Comunita' scientifica, tante volte invocata dai responsabili della Protezione civile e dalla direttrice dell'Osservatorio Vesuviano per garantire gli interlocutori dell'ampio dibattito che e' alla base delle scelte tecniche per la riduzione del rischio, si riduce al singolo pensatore?


Il Vesuvio piu' Sottovalutato Delle Frane

del Prof. Flavio Dobran, GVES, Napoli

Il Giornale del Sud (12/5/98)

Nel mattino del 16 dicembre, i contadini videro alzarsi dal cono una nube insolita, mentre dal suo seno guizzavano folgori spaventevoli. La nube si allargo' rapidamente nel cielo, che divenne plumbeo; poscia comincio' una caduta di sabbia e di ceneri che trasformarono il giorno in notte. Alle ore nove del giorno 17 enormi torrenti di acqua precipitarono dal monte e tra le ore 10 e le 11 comparvero sui fianchi ed alle basi del cono ingenti lave di fuoco che vennero giu' con notevole rapidita'. La lava taglio' in molti punti le vie di comunicazioni.

A Napoli dalle ore dieci del giorno 17 pioveva acqua e cenere; alle ore dodici era notte! e di lontano si vedevano i torrenti di fuoco ed i paesi incendiati che fumavano. E soltanto nel 12 maggio dell'anno successivo avvengono ultime scosse di terremoto. Tra i paesi distrutti dalla lava vulcanica e torrenti fangosi si ricordano: Boscotrecase, Torre Annunziata, Torre del Greco, Pugliano, Resina, S. Giorgio a Cremano, Pietrarsa, Portici, Pollena, Trocchia, Ottaiano, Nola, S. Anastasia. Il cono fu decapitato alcune centinaia di metri e 4000 persone persero la vita.

Questa e' la catastrofe del Vesuvio del 1631. Oggi, con circa 1.000.000 di persone alle pendici del Vesuvio e con un simile scenario eruttivo del vulcano, un'eruzione potrebbe produrre decine o centinaia di migliaia di vittime e danni incalcolabili, se un ordine per l'evacuazione della popolazione sara' dato troppo tardi e se il territorio non sara' riorganizzato per ridurre i danni socio- economici e culturali. Recenti flussi di fango che hanno colpito Sarno e le Citta' circostanti ci dovrebbero insegnare che questa tragedia e' veramente insignificante in confronto a quella che si potrebbe verificare al Vesuvio.

Alcuni giorni dopo la tragedia in Campania il sottosegretario alla Protezione Civile insegnava che "non ha senso parlare di colpe perche' sono eventi difficilmente prevedibili" e che "non gli interessano le polemiche"; il Ministro degli Interni che e' un "disastro indegno di una nazione civile"; il Presidente della Repubblica che "si vedra' se ci sono responsabilita'". Ma molti giorni dopo non sappiamo ancora il numero delle vittime e dei "dispersi", poiche' la Protezione Civile si e' dimostrata poco capace di gestire un evento catastrofico relativamente piccolo. Ci si dovrebbe chiedere, dunque, come si intende gestire un improvviso risveglio del Vesuvio con circa un milione di persone in panico. Evidentemente, come nessuno sara' responsabile per la recente tragedia in Campania, cosi' nessuno sara' responsabile per le conseguenze di una futura eruzione del Vesuvio dove decine o centinaia di migliaia di persone possono perdere la vita.

Se sono venuto a questa amara conclusione e' perche il nostro progetto interdisciplinare VESUVIUS 2000, indirizzato alla produzione delle linee guida per prevenire una futura catastrofe nell'area vesuviana, e' ostacolato dalle stesse istituzioni che oggi piangono sui corpi della tragedia di Sarno, Quindici, Bracigliano e Siano e cercano di risarcire i sopravvissuti per liquidarli. Nel 1995 abbiamo chiesto alla Protezione Civile, all'Osservatorio Vesuviano, al Gruppo Nazionale per la Vulcanologia (GNV) e agli amministratori locali collaborazione su VESUVIUS 2000, ma questi non hanno risposto e la Commissione Europea non lo ha finanziato. Queste stesse istituzioni che oggi ostacolano il progresso scientifico e sociale del Paese ci assicurano che tutto e' sotto controllo al Vesuvio, che i suoi esperti stanno gia' lavorando e non nasconderanno mai nulla, che il popolo italiano deve affidare solo a loro i finanziamenti per proteggere i Vesuviani. Ma in caso di una catastrofe del Vesuvio, saranno i dirigenti della Protezione Civile e dell'Osservatorio Vesuviano ritenuti responsabili? No, ma lo saranno i Vesuviani che perderanno la vita perche' si sono affidati a un piano di fuga che in gran parte non funzionera'.

La capacita' di non affrontare il problema Vesuvio e' anche diffuso nei vari livelli governativi: nel Parlamento e nel Governo fino al Presidente della Repubblica, perche' ancora non abbiamo ricevuto nessuna risposta sulle nostre critiche alla Protezione Civile e agli operatori del Piano di Emergenza dell'Area Vesuviana che non sono in grado di promuovere o di gestire un serio progetto indirizzato alla prevenzione di una catastrofe nel territorio (lettere di 24/1/96, 7/11/97, 19/2/98, 30/3/98, 31/3/98, 27/4/98). Esperienze come queste e la recente tragedia in Campania ci dovrebbero insegnare che molti responsabili delle cosiddette competenti strutture pubbliche non mostrano le loro disponibilita' per prevenire le catastrofi, ma quando queste accadono sono molto bravi nello strumentalizzare la parola prevenzione. Le calamita' fanno comodo a molti "signori" perche' in caso di emergenza viene loro servito su un piatto d'oro denaro pubblico.

Oggi la popolazione vesuviana sta passivamente aspettando un'eruzione, sperando che gli apparati di monitoraggio dell'Osservatorio Vesuviano e la gestione della emergenza della Protezione Civile saranno in grado di salvarla, e, dal danno provocato dalla eruzione, cerchera' di ottenere compensi per costruire un migliore futuro sulle spalle di altri cittadini italiani. Cosi' la popolazione vesuviana sembra di non credere in una catastrofe e non vuole affrontarla, mediante una responsabilizzazione dei rappresentanti del governo locale o di quello centrale. Anche la Commissione Europea sta passivamente accettando la linea ufficiale del Governo, che e' di non finanziare la ricerca dei progetti alternativi sul Vesuvio che potrebbero imbarazzare lo Stato che sostiene il Piano di fuga della Protezione Civile. Ma lo Stato e la Commissione Europea sembrano non rendersi conto che stanno dimostrando una insensibilita' incredibile verso una popolazione posta su una bomba ad orologeria che ha la capacita' di ridurre citta' vesuviane in un cimitero su scala senza precedenti.

Inoltre, e' veramente vergognoso che, dopo aver boicottato VESUVIUS 2000, i responsabili di Protezione Civile, dell'Osservatorio Vesuviano e del Gruppo Nazionale per la Vulcanologia cercano di adottare gli obiettivi di questo progetto quando non lo stanno finanziando. Tutto cio' perche' il loro Piano per il Vesuvio non e' attendibile scientificamente (previsione di eruzione almeno 3 settimane in anticipo e evento eruttivo simile a quello del 1631), ingegneristicamente (sfollamento di circa un milione di persone in una settimana con infrastrutture totalmente inadeguate), culturalmente (diaspora della popolazione e distruzione della cultura vesuviana). Basta pensare che per evacuare il piccolo ospedale di Sarno (circa 150 persone) ci sono voluti circa 2 giorni dall'allarme e che i Vigili del Fuoco hanno dovuto svolgere il lavoro della Protezione Civile. Anche i miei colleghi docenti delle scuole dell'area vesuviana che hanno partecipato a corsi di formazione-azione organizzati dal Provveditorato agli Studi di Napoli, dalla Prefettura e dall'Osservatorio mi informano che questi corsi inviati per insegnare il Piano nelle scuole hanno avuto scarsa validita'. I docenti hanno, dunque, ben capito che il vero rischio vulcanico non sia rappresentato dal Vesuvio!

Le recenti immagini della Campania di "un lungo cimitero di fango", "angoscia infinita", "Sarno come Pompei", "sul fango e sui morti piombano gli sciacalli", "ancora impossibile contare i morti", "rabbia e speranza", ecc. ci dovrebbero insegnare qualcosa. Che l'umanita' e' molto fragile e selvaggia. Che gli uomini argomentano e la Natura colpisce. Che la Natura non conosce pausa nel progresso e nello sviluppo e attacca la sua maledizione su ogni inazione. Se da tutto questo non abbiamo imparato che nell'area vesuviana ci vuole una politica della prevenzione della catastrofe, come proposto da VESUVIUS 2000, invece di puntare tutto su un poco attendibile piano di fuga in massa, allora non abbiamo veramente imparato niente delle dolorose esperienze del passato e non siamo degni di essere salvati dal vulcano.

Forse i proponenti del Piano di Evacuazione per il Vesuvio e gli amministratori del territorio che lo sostengono hanno capito questo da tempo. Che il valore dei Vesuviani e' zero e quindi il rischio e' zero. Che non serve una cultura della sicurezza nell'area vesuviana con una vera e propria educazione al rischio con interventi attivi nel territorio, indirizzati alla ripianificazione e incentivazione di nuove prospettive economiche e alla crescita socio-culturale dei cittadini. Cosi', spettera' il Vesuvio costruire una nuova cultura della sicurezza su un cimitero pianificato dal vulcano!


Educare i Vesuviani ad Autogestire il Rischio Vulcanico

del Prof. Flavio Dobran, GVES, Napoli

Il Giornale del Sud (21/5/98), Roma (in stampa)

La regola fondamentale che dovrebbe essere rispettata per ridurre il rischio Vesuvio e' di "non fare male". Questo significa che qualsiasi piano, proposto nel territorio per la riduzione del rischio, non dovrebbe creare effetti negativi come perdite di vite umane, ne' impedire lo sviluppo di alternative tese a migliorare le condizioni socio-economiche e culturali della popolazione esposta al rischio. "Non fare male" e' quindi il piu' semplice controllo che dovrebbe essere inserito in qualsiasi piano per la mitigazione del rischio Vesuvio, perche' questo costituisce uno dei principi fondamentali della societa'. Se un tale piano fa male alla popolazione, perche' impedisce il libero sviluppo sociale e culturale o quello scientifico della societa', allora esso deve essere modificato o abbandonato.

La popolazione dell'area vesuviana ha, oggi, a disposizione due progetti per la riduzione del rischio nel territorio: quello che ha l'obiettivo di fuggire dal vulcano (Piano Nazionale di Emergenza dell'Area Vesuviana, sostenuto dalla Protezione Civile, dall'Osservatorio Vesuviano e dal Gruppo Nazionale per la Vulcanologia) e quello che ha l'obiettivo di stabilire la cultura della sicurezza nel territorio (VESUVIUS 2000, sostenuto dalla GVES).

Da un sondaggio sul rischio Vesuvio, realizzato dalla GVES, e' emerso che l'80 percento della popolazione e' disinformata su questo problema. La maggioranza della popolazione richiede comumque un futuro migliore nel territorio ma pensa che le infrastrutture sono totalmente inadeguate per qualsiasi emergenza che si potrebbe verificare in caso di eruzione. La popolazione ha paura del gas e delle altre persone, in caso di risveglio del vulcano, dimostrando di avere non solo scarsa conoscenza delle passate eruzioni, ma anche come una piccola eruzione potrebbe provocare danni ingenti per il panico o per l'impossibilita' di fuggire in tempo. A questo si deve aggiungere che i promotori del Piano di Emergenza pensano di essere in grado di prevedere un'eruzione almeno tre settimane in anticipo ed evacuare 600.000 persone dall'area in una settimana, distribuendole in varie regioni fuori della Campania.

E' importante sottolineare che il Piano di Emergenza non e' solo illegale, perche' non e' stato approvato dal Parlamento, ma anche perche' esso e' in contrapposizione con i risultati del sondaggio sul rischio vulcanico e con le esperienze di esperti della vulcanologia internazionale. Il Piano inpone che, durante un'emergenza, la popolazione vesuviana sara' allontanata fuori dalla Campania con distruzione della cultura, quando invece la popolazione desidera rimanere nelle vicinanze e preservare le proprie radici. Il Piano prevede anche un sfollamento ordinato della popolazione in una settimana, quando la gran parte delle persone non sa come comportarsi durante un'emergenza ed e' inoltre prevenuta nei riguardi delle infrastrutture che dovrebbero favorire una evacuazione efficace. Giorni o settimane prima dell'eruzione il territorio intorno al vulcano tremera' per i terremoti che produrranno crolli di case e di ponti sulla autostrada, bloccando le vie di uscita. I terremoti comprometteranno anche i sistemi elettrici, telefonici ed i distributori di carburante. Inoltre, il Piano stabilisce che dai dati di monitoraggio del vulcano sara' possibile prevedere un'eruzione almeno tre settimane in anticipo, quando invece gli esperti della vulcanologia internazionale, che hanno gestito le previsioni al Monte St. Helens negli Stati Uniti nel 1980 e Pinatubo nel 1991, sanno solo come farlo due o tre giorni in anticipo, o non prevederla affatto come e' accaduto al Montserrat nell'America centrale l'anno scorso.

Il Piano di Emergenza non chiarisce, comunque, su quale base quantitativa saranno effettuati i vari livelli di allarme, il tipo di evento eruttivo (quello pliniano del 79 d.C., quello sub-pliniano del 1631, o quello dell'ultima eruzione del 1944), come proteggere il territorio di circa 300 km quadrati dopo l'evacuazione, dove saranno destinati i beni culturali dell'area che dovrebbero partire durante la fuga, come gestire ed evacuare l'area intorno ai 18 Comuni e proteggere il territorio, ne' le conseguenze che scaturiranno se i Vesuviani decideranno di allontanarsi per conto proprio.

Il Piano di Emergenza fa dunque male alla comunita' scientifica perche' promuove la non attendibilita' della previsione dell'eruzione e il tipo di evento eruttivo; fa male alla popolazione perche' non utilizza le sue esperienze, abitudini, desideri e interessi; fa male alle scuole dell'area vesuviana perche' promuove la dottrina secondo la quale bisogna solo "fuggire" e non educa invece al pluralismo di idee sulla prevenzione di una catastrofe; fa male alle strutture pubbliche locali perche' utilizza clientelismo per promozione; fa male agli studiosi e alle strutture non pubbliche perche' impedisce gli sviluppi dei progetti non indirizzati alla fuga ma alla creazione di una cultura della sicurezza nel territorio, come proposto da VESUVIUS 2000.

VESUVIUS 2000 e' un progetto interdisciplinare per l'area vesuviana, indirizzato alla creazione di una cultura della sicurezza nel territorio mediante lo sviluppo socio-economico e culturale dei cittadini. Esso non richiede una fuga in massa della popolazione durante un'emergenza, ma la riorganizzazione del territorio ed educazione dei cittadini per poter affrontare tale emergenza con minimi danni socio-economici e culturali. VESUVIUS 2000 prende, dunque, in considerazione le difficolta' legate ad un'attendibile previsione dell'eruzione e all'impossibilita' dello sfollamento ordinato di centinaia di migliaia di persone in pochi giorni prima dell'eruzione. Esso prende in considerazione anche la preservazione della cultura vesuviana ed elimina i possibili effetti speculativi nel territorio e quelli socio-politici locali e nazionali perche' non richiede un gemellaggio della popolazione nel territorio nazionale.

VESUVIUS 2000 prevede anche la protezione di alcune zone dall'eruzione con opere ingegneristiche pianificate con il Simulatore Vulcanico Globale in elaborazione dalla GVES. L'idea fondamentale di VESUVIUS 2000 e' dunque che il rischio vulcanico puo' essere minimizzato mediante lo sviluppo economico del territorio, finalizzato alla riorganizzazione delle forze produttive nell'area, alla protezione ed evacuazione solo di alcune zone esposte ad alto rischio e alla creazione di una cultura della sicurezza dove i cittadini sappiano come comportarsi in caso di emergenza, invece di aspettare passivamente un'eruzione, sperando che gli apparati del monitoraggio dell'Osservatorio Vesuviano e la gestione della emergenza dalla Protezione Civile saranno in grado di salvarli.

Se un territorio e' ben organizzato con adeguate infrastrutture (sanita', trasporto, comunicazioni) significa che la popolazione e' gia' educata al rischio e potrebbe autogestirsi durante un'emergenza. Ma i proponenti del Piano di Emergenza non promuovono tale cultura e per questo il loro piano di fuga fa male sia alla popolazione vesuviana che a quella nazionale. Le conseguenze del monopolio da parte di geologi e vulcanologi del Vesuvio sono dungue drammatiche: gli amministratori dei Comuni vesuviani, della Provincia e della Regione utilizzano l'Osservatorio Vesuviano e la Protezione Civile per scaricare la loro diretta responsabilita' agli occhi dei cittadini; l'Osservatorio non solo segue un piano illegale, ma e' continuamente "riempito" di persone poco capaci di definire e promuovere un progetto interdisciplinare per i Vesuviani; la popolazione e' inoltre indottrinata che "tutto e' sotto controllo" da un gruppo ristretto politicizzato che monopolizzano tutte le risorse vulcanologiche nazionali, ostacolano lo sviluppo dei progetti come VESUVIUS 2000 e nascondono i dati del monitoraggio del vulcano. Quest'ultimo fatto e' forse il piu' drammatico perche' impedisce a studiosi, come me, di accedere in tempo reale ad un informazione che potrebbe fornire elementi per prevenire una catastrofe come quella di Sarno, Bracigliano, Quindici e Siano.

La popolazione vesuviana e' quindi sottoposta a una "cultura" dell'emergenza ed accentramento che minaccia la cultura e produce perdita di identita', perche' crea elementi psicologici che impediscono il progresso sociale in vista di un'eruzione distruttiva come quella catastrofica del 1631. Questa "cultura" dell'emergenza addirittura aumenta il rischio nel territorio.

La filosofia del Piano di Emergenza e' quindi che la popolazione vesuviana deve vivere in un stato di paura come in un pre- allarme bellico; che l'educazione al rischio deve essere come un addestramento militare; che ci deve essere disincentivazione dello sviluppo dell'area perche' "qui non si puo' stare". E tutto cio' e' "garantito" dall'Osservatorio Vesuviano, il cui direttore e' gestito da un gruppo ristretto che si autofinanziano e autocontrollano con denaro pubblico grazie alla Protezione Civile, i cui dati non processati dal monitoraggio del vulcano non sono disponibili neanche' agli scienziati, e i cui livelli di allarme dell'emergenza non sono quantificati. Inoltre, il Piano di Emergenza non e' disponibile alla popolazione o alle persone che non operano nella Commissione Vesuvio perche' quest'ultima non e' controllata da una rappresentanza di cittadini vesuviani ne' da scienziati che non seguono la "filosofia del Piano".

Ma come e' impossibile sviluppare gli obiettivi interdisciplinari del progetto VESUVIUS 2000 per la popolazione dell'area vesuviana senza sostegni civili della Commissione Europea, dello Stato, della Regione, della Provincia, dei Comuni e delle forze produttive del territorio, cosi' e' anche impossibile avviare il Congresso Internazionale sulla Mitigazione del Rischio Vulcanico, previsto per il prossimo 4-9 ottobre in Villa Campolieto a Ercolano e al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa a Portici. Questo congresso e' nato dall'esigenza di sviluppare un confronto tra esperti per definire le problematiche relative alla riduzione del rischio e studiare la correlazione tra rischio e mancato sviluppo economico. Per questo sono stati invitati a lavorare in modo interdisciplinare ingegeneri, sociologi, economisti, educatori, vulcanologi, pianificatori, amministratori, protezione civile e la popolazione per definire le strategie finalizzate alla riduzione del rischio vulcanico nel territorio. Sono state invitate a partecipare anche le forze produttive ed amministrative dell'area per sostenere gli studi di fattibilita' per la mitigazione del rischio, ma finora non hanno ritenuto essenziale neanche' rispondere.

Un paese civile non puo' sostenere solo un piano di fuga che potrebbe fallire e produrre conseguenze catastrofiche nel territorio vesuviano e in quello nazionale. La realizzazione di VESUVIUS 2000 puo' assicurare che la catastrofe di un'eruzione del Vesuvio non si verifichera' mai. Poiche' gli amministratori dei Comuni vesuviani, della Provincia, della Regione e dello Stato Centrale non hanno ancora ritenuto necessario sostenere tale progetto o il Congresso sulla Mitigazione del Rischio Vulcanico, allora non hanno veramente capito che cosa significa la parola prevenzione e lavorare per costruire un paese civile. VESUVIUS 2000 richiede una filosofia diversa da quella del Piano di Evacuazione: non fuggire dal Vesuvio, ma creare un futuro migliore e sicuro intorno ad esso. Sfortunatamente, oggi, non esiste ancora una cultura che permetta di seguire questa strada.


19 Febbraio 1998

On. Nicola Mancino, Presidente del Senato
On. Luciano Violante, Presidente della Camera
On. Prof. Luigi Berlinguer, Ministro MURST
On. Giorgio Napolitano, Ministro degli Interni
Prof. Franco Barberi, Sottosegretario alla Protezione Civile
On. Antonio Rastrelli, Presidente Giunta Regione Campania
Prof. Amato Lamberti, Presidente della Provincia di Napoli
Dr. Giuseppe Romano, Prefetto di Napoli
Dr. Salvatore Cina', Provveditore agli Studi Napoli
Prof. Lucia Civetta, Direttore Osservatorio Vesuviano

Oggetto: Progetto di Formazione-Azione con le Scuole Delle Aree Vesuviana e Flegrea a piu' alto Rischio Vulcanico e Della Citta' di Napoli.

Apprendiamo dalla conferenza stampa - Per una Cultura del "Rischio Vulcanico" - tenuta al Circolo della Stampa di Napoli il 28 gennaio 1998, che il Provveditorato agli Studi, la Prefettura di Napoli e l'Osservatorio Vesuviano hanno stipulato un Protocollo di Intesa per dare corso ad un progetto di formazione-azione nelle scuole sul rischio vulcanico. Dal documento diffuso durante la conferenza stampa si apprende che gli obiettivi del progetto sono: (1) individuazione e formazione di insegnanti referenti per il piano di emergenza, (2) costruzione di pacchetti formativi relativi al piano, e (3) formazione dei bambini e ragazzi delle scuole finalizzata alla gestione del piano. Inoltre tali obiettivi devono seguire le linee tracciate dalla Commissione nominata dal Sottosegretario alla Protezione Civile incaricata di provvedere all'aggiornamento dei piani di emergenza derivanti dal rischio vulcanico.

Con questa nota intendiamo richiamare l'attenzione dei cittadini esposti al rischio vulcanico nell'area napoletana, della comunita' scientifica nazionale ed internazionale, Commissione Europea, Consigli della Provincia di Napoli e della Regione Campania, Camera dei Deputati e Senato sulle conseguenze del progetto di formazione proposto dal Provveditorato, Prefettura e Osservatorio. La nostra iniziativa e' dettata dalla consapevolezza che il suddetto progetto di formazione avra' effetti culturali ed educativi sconvolgenti e si muove nella direzione opposta a quella necessaria per creare una cultura della sicurezza che possa portare alla riduzione del rischio. E' del tutto evidente che le responsabilita' delle conseguenze del progetto di formazione sono degli enti proponenti ma vi e' corresponsabilita' di quanti con il loro silenzio sostengono il Piano di Emergenza dell'Area Vesuviana, redatto il 25 settembre 1995 dal Dipartimento di Protezione Civile.

Il progetto di formazione proposto assume che il Piano Nazionale di Emergenza dell'Area Vesuviana sia scientificamente valido e che possa anche funzionare in tutte le sue parti in caso di emergenza. Chi scrive ha gia ampiamente documentato la non fattibilita' del Piano perche' questo da' per scontato che un'eruzione del Vesuvio sara' predetta 20 giorni in anticipo e che in una settima circa 600.000 persone saranno evacuate dall'area e destinate in differenti regioni d'Italia. Il Piano e' scientificamente inattendibile perche' non sono giustificati gli eventi vulcanici futuri, e i tempi di previsione e i livelli di rischio sono definiti sulla base di elementi qualitativi. L'attendibilita' ingegneristica del Piano non e' giustificata perche' non viene esaminato il funzionamento del sistema di comunicazioni e trasporti prima e durante una crisi vulcanica. Non sono neanche discussi nel Piano gli effetti socio-politici ed economici dell'evacuazione che produrrebbe una enorme speculazione nel territorio a seguito della diaspora. Purtroppo tutte queste critiche, gia' espresse nel settembre 1995, non sono state ancora confutate dai responsabili del Piano di Emergenza perche' non sono in grado di produrre elementi convincenti. Dovrebbe essere quindi del tutto evidente che se il Piano non funziona il progetto di formazione non ha alcun senso e non e' indirizzato alla riduzione del rischio ma alla promozione degli estensori del Piano e a mantenere una condizione di sudditanza culturale della comunita' locale. Il progetto e' quindi finalizzato all'indottrinamento e non all'educazione al rischio.

Le conseguenze di tale indottrinamento saranno gravissime perche' la scuola, non avendo gli strumenti per valutare tutte le problematiche che concorrono alla definizione del piano, non puo promuovere alcun piano ma deve indagare ed esaminare le varie alternative che si presentano sulla problematica del rischio. E' quindi indispensabile che le nuove idee sul rischio non siano soffocate dalle direttive ministeriali che in generale tendono ad utilizzare polarizzazione politica come strumento per stimolare polarizzazione cognitiva. E' sconvolgente rilevare che la scuola accetti un progetto che vanifica gli elementi di base di un percorso educativo. Quanto accade mostra che i docenti sono strumenti di trasferimento ai giovani dei paradigmi elaborati in sedi che hanno compiti istituzionali non educativi.

Questa condizione e' dovuta al controllo delle risorse destinate alle problematiche del rischio vulcanico da parte di un gruppo ristretto non controllato democraticamente che non consente il confronto dialettico tra le istituzioni di ricerca nazionale ed internazionale, alle scelte della Commissione Europea che ritiene che del problema Vesuvio debba occuparsene "le competenze Italiane", al preoccupante silenzio dell'Universita' di Napoli, alle istituzioni culturali locali che non stanno svolgendo il loro ruolo, all'assenza delle forze sociali e politiche in questo dibattito, alla filosofia perseguita dai promotori del Piano che diffondono una dottrina sbagliata nella popolazione non educata al rischio. Noi riteniamo che il Ministero della Pubblica Istruzione debba congelare l'inizativa del Provveditore ed avviare un'analisi sui contenuti del progetto di formazione sul rischio per verificare quanto denunciato dagli scriventi. Invitiamo anche altri ad intervenire per quanto di loro competenza, nella convinzione che l'educazione al rischio Vesuvio non debba essere indirizzata in una speculazione educativa.

Chi puo aspetarsi che il progetto di formazione avra' successo quando l'esperienza ha dimostrato che i promotori del Piano di Emergenza (Gruppo Nazionale per la Vulcanologia-GNV, Osservatorio Vesuviano, Protezione Civile guidata dall'ex presidente del GNV) non sono riusciti dal 1995 a diffondere il Piano ne' ad avviare collaborazioni con altre iniziative sulla riduzione del rischio nel territorio?

Prof. Flavio Dobran, Napoli
Prof. Giuseppe Luongo, Napoli

Copia:

Prof. Fulvio Tessitore, Universita' Federico II Napoli
Prof. Lucio Bianco, Presidente CNR
Prof. Sabatino Moscati, Accademia Nazionale dei Lincei
On. Prof. Romano Prodi
On. Edoardo Ronchi
Dr. Maurizio Fraissinet, Presidente Parco Vesuvio
Mr. Jacques Santer, European Commission
Madame Edith Cresson, European Commission
Madame Emma Bonino, European Commission


7 novembre 1997

Ai Membri del Parlamento Italiano, Roma

Distinti Onorevoli,

I terremoti che hanno colpito recentemente l'Umbria e le Marche mostrano quanto sia attuale il contenuto della lettera che uno di noi Vi ha inviato il 24 gennaio 1996.

Quando non e' possibile garantire una sistemazione a 20.000 terremotati dell'Umbria e delle Marche nella loro terra natia dopo un mese dal terremoto, come sara' possibile farlo per 1.000.000 di vesuviani in regioni lontane, come proposto nel Piano Nazionale di Emergenza dell'Area Vesuviana a seguito di un'eruzione del Vesuvio? Questo dimostra che le perplessita' sollevate sull'attendibilita' del Piano siano oltremodo fondate. Inoltre, il Piano di Emergenza, imposto due anni fa, non e' finora riuscito a concretizzarsi nell'area vesuviana: la popolazione e gli scienziati non hanno avuto alcuna informazione su come i proponenti del Piano intendano operare per renderlo attendibile e operativo sotto il profilo scientifico, ingegneristico, culturale, socio- economico e politico.

Nonostante cio' le stesse istituzioni che hanno proposto il Piano (Gruppo Nazionale per la Vulcanologia, Osservatorio Vesuviano e Protezione Civile) continuano a ricevere finanziamenti e recentemente stanno tentando di adottare quelle stesse iniziative interdisciplinari della GVES (VESUVIUS 2000), mentre alcuni anni fa, non hanno voluto sostenerle ne' promuoverle, seguendo la stessa linea della Commissione Europea. L'utilizzazione dei fondi della Protezione Civile, secondo le modalita' descritte, non solo crea conflitti di interessi per chi li gestisce ma anche un monopolio, che, in quanto tale, esclude la possibilita' che si realizzino iniziative proposte da organizzazioni culturali, studiosi ed operatori non politicizzati, che non siano dirette emanazioni delle organizzazioni ufficialmente riconosciute. Inoltre, una tale politica dei finanziamenti consente il controllo delle commissioni dei concorsi per i posti di ricercatore e di docente nelle istituzioni, scegliendo frequentemente su basi diverse dalle capacita' scientifiche e culturali. Il Piano di Emergenza dell'Area Vesuviana dimostra la vera capacita' dei suoi promotori che quando falliscono tentono di utilizzare i lavori degli altri, ponendo l'ostracismo agli autori, confondono quanti non siano in grado di valutare l'attendibilita' del Piano e frenano un possibile progresso nell'area vesuviana e nella scienza vulcanologica. La drammatica esperienza Umbro- Marchigiana mostra in modo inequivocabile che le associazioni e gli enti locali devono avere un ruolo di primo piano nella prevenzione e gestione di un'emergenza, mentre, nel caso Vesuvio, si sta adottando non solo una politica di premeditata esclusione delle realta' locali, ma anche quella dell'appropriazione di iniziative che tali realta' propongono allo scopo di vanificarne gli effetti.

In conclusione e' opportuno sottolineare che tale comportamento, oltre ad essere negativo sotto l'aspetto del progresso civile nell'area vesuviana, e' in netto contrasto con il diritto di ogni individuo ad organizzarsi per esprimere le proprie idee e contribuire alla crescita culturale e sociale del proprio paese. In un stato democratico questo non e' accettabile e va contro l'articolo 3 della Costituzione Italiana:

"Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

Sperando che le S.V. vogliano richiederci ulteriori e piu' dettagliati chiarimenti sul problema Vesuvio, anche allo scopo di promuovere un dibattito Parlamentare, porgiamo distinti saluti.

Prof. Flavio Dobran, Napoli
Prof. Giuseppe Luongo, Napoli

Copia:
Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro
Presidente del Consiglio Romano Prodi
Ministro MURST Prof. Luigi Berlinguer
Presidente Consiglio Nazionale della Ricerca Prof. Lucio Bianco
Presidente della Commissione Europea Jacques Santer
Rettore Universita' Federico II Napoli Prof. Fulvio Tessitore


I seguenti articoli sono stati pubblicati in giornale Roma e GVES NEWSLETTER (Vol. 4/1, 1998)
del Prof. Flavio Dobran, collaborazione Prof.ssa Ida Mascolo, GVES, Napoli


La Tragedia del Sarno

Nel maggio 1998, pesanti piogge nell'area vesuviana provocarano frane dal Monte Alvano che si diressero in numerose direzioni e, prima che gli abitanti di Sarno, Siano, Bracigliano e Quindici potessero fuggire, il fango distrusse case e tutto quanto incontro' sul suo cammino. Piu' di 200 morirono e migliaia rimasero senza tetto. Le frane furono precedute da boati dalla montagna alcune ore prima della tragedia, ma gli strumenti dell'Osservatorio Vesuviano non li registrarono! Dopo alcuni giorni, i cittadini della vicina Gragnano avvertirono, durante la notte, un forte boato accompagnato da brevi scosse e il sindaco richiese una spiegazione all'Osservatorio. Arrivo' una risposta solo una settimana piu' tardi ed essa fu che "le stazioni sismiche dell'Osservatorio avevano registrato un evento di probabile natura artificiale al largo di Sorrento". Quale era questo evento e quale la sua natura artificiale? Fu questo provocato dalle abbondanti piogge o, piu' seriamente, da spostamenti del magma sotto il Vesuvio? Il precedente sindaco di Torre del Greco aveva ragione quando commento' che "e' ragionevole ipotizzare che l'allarme sul Vesuvio sara' sottovalutato e l'informazione sul reale stato del vulcano sara' trasmessa alla popolazione solo dopo l'inizio dell'attivita' esterna".

I terremoti in Umbria e nelle Marche, nell'Ottobre del 1997, lasciarono circa 20,000 persone senza tetto e il sottosegretario della Protezione Civile dichiaro': "Sindaci, siete colpevoli". Dopo il disastro della Campania, il Ministro degli Interni replico' che "nessuno deve sottrarsi alle proprie responsabilita'" e defini' il "disastro indegno di una nazione civile". Inoltre, il Presidente della Repubblica si mostro' non disponibile a proporre un'immediata ricerca di responsabilita' per la tragedia, quando affermo': "si vedra' se ci sono responsabilita'". Inoltre ci vollero piu' di tre giorni prima che la Protezione Civile rispondesse e, se non fosse stato per l'immediata risposta dei vigili del fuoco e i marines degli Stati Uniti della NATO di Napoli, questa catastrofe avrebbe potuto produrre molte piu' vittime. Dopo due settimane dalle frane il sindaco di Quindici ancora chiese aiuto agli Stati Uniti e i bulldozers continuavano a scavare.

Una vera strategia di prevenzione in Campania e' inesistente e si puo' soltanto immaginare che cosa accadra', quando il Vesuvio dimostrera' la sua potenza su una popolazione che non ha una cultura di prevenzione o sicurezza. Le immagini delle frane della Campania come un lungo cimitero di fango, angoscia infinita, Sarno come Pompei, una tragedia annunciata, sul fango e sui morti piombano gli sciacalli, ancora impossibile contare i morti, rabbia e speranza, ecc. non sono riuscite ad insegnare che il territorio richiede una vera polititica di prevenzione a lungo termine per proteggere la popolazione dalle future eruzioni. Alcune settimane dopo le frane, la tragedia era quasi dimenticata. Ai sopravvissuti al disastro fu elargito un piccolo compenso e il Presidente della Giunta Regione Campania si accontento' solo di 15,000 posti temporanei di lavoro. E sei mesi piu' tardi il procuratore, nominato per indagare sulla tragedia, non ha ancora identificato un responsabile della catastrofe.

E' questo che accadra', quando il Vesuvio eruttera' nel futuro? Quale garanzia abbiamo dai vulcanologi, quando questi si nascondono dietro un piano di evacuazione non attendibile e si autocontrollano? Saranno le squadre della camorra a gestire l'eruzione? Chi sara' evacuato per primo? Quelli che pagheranno di piu'? Dove sara' sistemato il patrimonio pubblico dell'area vesuviana? Si ripetera' l'esperienza del terremoto di Irpinia del 1980, quando i sopravvissuti furono sistemati nei containers e lasciati li' per decine di anni? Si riuscira', poi, ad evitare il fenomeno dell'infiltrazione della criminalita' organizzata che, nella ricostruzione dell'Irpinia, e' riuscita ad attribursi la maggior parte degli appalti? Molto probabilmente sara' cosi', poiche' il Piano di evacuazione e' soltanto un'illusione che fa credere alla popolazione di essere protetta e serve a coprire le irresponsabilita'.


Negligenza Istituzionale

La non volonta' ad affrontare il problema Vesuvio e' diffusa a vari livelli: nelle istituzioni culturali, autorita' locali, provinciali e regionali, e nel Parlamento. Dal 1994 stiamo sollecitando attivamente innumerevoli persone a vari livelli istituzionali per impegnarle seriamente al problema Vesuvio, ma non abbiamo mai ricevuto un incoraggiamento o un sostegno. La seguente e' solo una lista parziale di coloro che furono sollecitati: 11 Gennaio e 24 Giugno 1994, il sindaco di Napoli, A. Bassolino; 10 Marzo 1994, il Ministro del MURST, U. Colombo; 15 Luglio 1994, il Primo Ministro, S. Berlusconi; 30 Settembre 1994, il Direttore dell'Osservatorio Vesuviano, L. Civetta; 30 Settembre 1994, il Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica, E. Boschi; 2 Dicembre 1994, il Ministro degli Interni, R. Maroni; 2 Dicembre 1994, il Presidente della Giunta Regione Campania, G. Grasso; 21 Agosto 1995 e 23 Giugno 1997, i sindaci dell'area Vesuviana (E. Parrella, A. Vella, G. Capasso, A. Borrelli, F. Amoruso, A. Blasco, V. Balzano, S. Staiano, C. Miglione, C. De Iesu, R. Guarriera, G. Annunziata, G. Ferrer, G. D'Ambrosio, A. Auriemma, M. Romano, A. Ammendola, O. Sassi, L. Bossa, L. Spedaliere, A. Cutolo); 20 Settembre 1995, il Cardinale di Napoli, M. Giordano; 8 Novembre 1995, il Presidente della Giunta Regione Campania, A. Rastrelli; 1 Dicembre 1995, il Primo Ministro, L. Dini; 24 Gennaio 1996, i membri del Parlamento, il Presidente della Repubblica, O.L. Scalfaro; 7 Novembre 1997, i membri del Parlamento, il Presidente della Republica, O.L. Scalfaro, il Primo ministro, R. Prodi, il Ministro del MURST, L. Berlinguer, il Presidente del CNR, L. Bianco, il Presidente della Unione Europea, J. Santer, il Rettore dell'Universita' di Napoli Federico II, F. Tessitore; 19 Febbraio 1998, i Presidenti del Senato e della Camera, N. Mancino and L. Violante, il Ministro del MURST, L. Berlinguer, il Ministro degli Interni, G. Napolitano, il Sottosegretario della Protezione Civile, F. Barberi, il Presidente della Giunta Regione Campania, A. Rastrelli, il Presidente della Provincia di Napoli, A. Lamberti, il Prefetto di Napoli, G. Romano, il Provveditore agli Studi di Napoli, S. Cina', il Direttore dell'Osservatorio Vesuviano, L. Civetta; 9 Marzo 1998, Papa Paolo II; 30 Marzo 1998, il Presidente della Repubblica, O.L. Scalfaro; 30 Marzo 1998, il Presidente della Confindustria, G. Fossa; 30 marzo 1998, il Presidente della Repubblica, O.L. Scalfaro; 14 Aprile 1998, Assessore del Turismo e Attivita' Commerciale della Regione Campania, L. Schifone; 29 Settembre 1998, Assessore alla Ricerca Scientifica della Regione Campania, G. Scalera.

E' incredibile che cosi tanti "leaders" istituzionali si comportino cosi irresponsabilmente, macchiando la Cultura Occiedentale. In pubblico tendono ad apparire educati e corretti, mentre le loro azioni dimostrano il contrario. Essi non sono interessati a modificare lo status quo nell'area vesuviana ed utilizzano i vulcanologi del Gruppo Nazionale per la Vulcanologia e l'Osservatorio Vesuviano per scaricare su altri le responsabilita' relative al rischio vulcanico. In cambio di questa protezione, questi vulcanologi, sostenuti dalla Protezione Civile guidata da un vulcanologo, sono premiati con posti privilegiati e contratti di ricerca nelle istituzioni, mentre la popolazione dell'area vesuviana e' tenuta sotto l'illusione di poter essere protetta da questi signori.

Il problema Vesuvio e' molto piu' complesso di quello pertinente al rischio vulcanico, poiche' i conflitti riguardanti il potere e le responsabilita' (chi governa chi) e per quali fini le politiche pubbliche sono utilizzate trascendono il rischio. In queste condizioni, qualsiasi problema tecnico che riguarda le strategie della mitigazione del rischio vulcanico e' ridotto a sterili polemiche, e gli sforzi di comunicare i consigli sui dettagli tecnici sono inutili. Se questo non fosse cosi', il piano di emergenza per il Vesuvio sarebbe dibattuto in pubblico ed i suoi promotori sarebbero privati del sostegno finanziario perche' perderebbero la credibilita' scientifica.


Previsione di Eruzione

E' impossibile prevedere le future eruzioni del Vesuvio con grande precisione per la difficolta' di elaborare un modello fisico-matematico accurato del complesso vulcanico e per la incompletezza della storia eruttiva che e' stocastica in natura. Nonostante cio', e' possibile stabilire le probabilita' di eruzioni future e cosi' valutare l'incertezza nel predire le eruzioni.

Nell'ambito del progetto VESUVIUS 2000 la GVES sta sviluppando il Simulatore Vulcanico Globale del Vesuvio che consiste in modelli fisico-matematici del sistema vulcanico. Tali modelli simulano i processi fisico-chimici nella camera magmatica, nel condotto vulcanico e nell'atmosfera. Il modello della camera magmatica rende conto dei cambiamenti di volume, di temperatura e di pressione, dei tassi di entrata e uscita di magma dalla camera, e delle caratteristiche fisiche delle rocce intorno alla camera. Diversi tipi di modelli di ascesa del magma rendono conto dei cambiamenti del regime del flusso magmatico e della fusione delle pareti del condotto. Una combinazione di tali modelli consente la previsione a lungo termine di eruzioni, della loro durata, e delle caratteristiche del magma (velocita', temperatura, pressione, tasso di eruzione) nell'uscita dal condotto. Queste condizioni sono poi utilizzate in un modello della colonna vulcanica dal simulatore per produrre la distribuzione temporale e spaziale dei prodotti vulcanici nell'atmosfera e lungo le pendici del vulcano. In base a tale modellizzazione e utilizzando vari parametri del sistema Vesuvio (ubicazione ed estensione della camera magmatica, proprieta' strutturali delle rocce intorno alla camera), le eruzioni sub pliniane e pliniane si verificheranno con uguale probabilita' nei prossimi 100 anni, con un'incertezza di piu' o meno 100 anni. Questa incertezza e' dovuta alla incompleta conoscenza del sottosuolo del sistema vulcanico e nel prossimo futuro la scienza non sara' in grado di migliorare tale conoscenza.

La storia eruttiva del Vesuvio degli ultimi 300.000 anni fornisce altre utili informazioni. Questa storia insegna che i periodi tra le eruzioni e le loro grandezze sono stocastici in natura e seguono le leggi probabilistiche che sono piu' precise per le eruzioni piu' grandi che per le eruzioni piu' piccole. I risultati di questa informazione, estrapolati nel futuro, dimostrano che le probabilita' di grandi (pliniane e sub pliniane) eruzioni esplosive sono:

Probabilita'(500 anni)=0,99
Probabilita'(100 anni)=0,9
Probabilita'(50 anni)=0,75
Probabilita'(10 anni)=0,3
Probabilita'(1 anno)=0,04

Questo significa che e' quasi certo (Probabilita'=1) che una grande eruzione esplosiva avverra' ogni 500 anni, mentre e' molto improbabile che questa si verifichi in tempi piu' brevi (meno di qualche centinaio di anni). Dall'ultima grande eruzione esplosiva del 1631 (367 anni fa) esiste dunque un'alta probabilita' di un'eruzione simile o piu' grande nell'immediato futuro, e specialmente nel XXI secolo, come e' anche stato determinato indipendentemente dal Simulatore Vulcanico Globale. Quando questa informazione probabilistica e' unita alla teoria della decisione, che coinvolge vari tipi di eruzione, si puo' dimostrare che il rapporto di verosimiglianza (RV) della nostra capacita' di prevedere future eruzioni e' il seguente:

RV(1 settimana per l'evacuazione)=1000
RV(1 mese per l'allarme)=100
RV(100 anni per la prevenzione)=0,1

Il significato di questi numeri e' che e' quasi certo che non e' possibile prevedere l'eruzione per un'evacuazione in una settimana o per l'allarme in un mese, ma che la fattibile direzione e' di operare per la prevenzione nel terrritorio a lungo termine. Per esempio, la nostra capacita' di prevedere il tempo metereologico 24 ore in anticipo si aggira intorno a RV=5 e nessun precursore di terremoto si e' mai verificato con RV piu' grande di uno.

Dovrebbe essere dunque chiaro che e' estremamente improbabile prevedere l'eruzione in breve tempo o alcune settimane prima, come previsto dai vulcanologi, che hanno stilato il Piano di Emergenza dell'Area Vesuviana, e che l'unico modo di proteggere la popolazione e' tramite una strategia di prevenzione a lungo termine dove il rapporto di verosimiglianza si abbassa notevolmente. Alla luce di tali risultati, i promotori di questo piano (Osservatorio Vesuviano, Protezione Civile, Gruppo Nazionale per la Vulcanologia) hanno fallito e continueranno ad ignorare e a negare tali risultati perche', per sopravvivere, sembra che debbano far credere che il monitoraggio del vulcano sia sufficiente a proteggere la popolazione. Questa politica non e' scientificamente giustificabile e dimostra soltanto che coloro che la sostengono sono ciechi alle alternative o si preoccupano solo dei loro interessi personali.


Verso la Cultura Della Sicurezza

Non ci sarebbe rischio, se non ci fosse alcun guadagno dal rischio. E per prevenire o mitigare il rischio, dobbiamo incorrere nel costo delle precauzioni da intraprendere. La nostra tendenza naturale o Darwiniana e' di economizzare o adattare le situazioni al momento - una tendenza che e' in qualche modo inculcata nelle nostre abitudini mentali come specie. Essa puo' essere espressa in termini di opportunita' che sono disponibili per accettare il rischio e il pericolo che e' ridotto prendendo le precauzioni.

Matrice del Rischio
SI Opportunita' NO Opportunita'
SI Pericolo 1 2
NO Pericolo 3 4 (Indifferenza)

I costi delle precauzioni sono indicati nella figura sull'asse orizzontale (opportunita' si e no), mentre il pericolo di agire senza queste precauzioni sull'asse verticale. Spesso, i costi per evitare un rischio includono quelli relativi ad accettare qualche altro rischio. Una persona potrebbe non essere sensibile a tutti i rischi e costi in una situazione, ma quando questa si verifica, qualche forma della media del rischio globale deve essere concretizzata per minimizzare le decisioni rischiose. Nella casella 1 della matrice del rischio (vedi figura) un individuo e' consapevole del pericolo e che c'e' un'opportunita' o un incentivo a prendere le precauzioni contro il rischio. In questa situazione il rischio e' considerato seriamente e c'e' una notevole probabilita' che la persona fara' qualcosa (protesta, collabora, investe). Nella casella 4 il pericolo e l'opportunita' hanno valore basso e una persona si comporta con indifferenza. Quando si e' nelle altre caselle si e' convinti del pericolo ma non dell'opportunita' (casella 2) oppure convinti dell'opportunita' ma non del pericolo (casella 3). Ordinariamente una persona si muove dalla casella 4 alla casella 2 e se non c'e' opportunita' ritorna alla indifferenza della casella 4. Questo e' il comportamento tipico dei vesuviani, perche' i loro amministratori non stanno producendo opportunita' per creare una popolazione consapevole del rischio. Alcuni restano nella casella 2 e ancora meno nella casella 3. La maggior parte della popolazione dell'area vesuviana agisce comunque con indifferenza, e se anche una minoranza e' interessata a rimanere nella casella 2, deve adottare la scelta sociale della maggioranza. Gli amministratori dell'area vesuviana preferiscono mantenere lo status quo per eliminare scelte politiche rischiose associate ad una popolazione consapevole del rischio. Quelli che governano il territorio interpretano la matrice del rischio diversamente. Secondo loro e' piu' facile governare quando la popolazione ignora ed e' sotto controllo. La popolazione vesuviana, consapevole della sicurezza, sarebbe nella casella 1 e avrebbe la tendenza a diminuire il potere della criminalita' organizzata e di quelli che governano male.

Il Piano di Emergenza dell'Area Vesuviana tende a inserire la popolazione solo nella casella 2, dove c'e' la percezione del pericolo ma non prospettiva di opportunita', finche' un'eruzione non si manifesta. Ma quando cio' si verifica, sara' troppo tardi per molti avvantaggiarsi delle opportunita' (sostegno finanziario per la ricostruzione dopo l'eruzione per i sopravvissuti). Fornire un'opportunita', solo dopo un disastro, non si puo' considerare un progresso cicile ed una massiccia evacuazione o una strategia di fuga non crea le condizioni necessarie per una effettiva mitigazione del rischio, ma solo un'illusione della sicurezza. Una strategia alternativa che mira a portare la popolazione nella casella 1 e' VESUVIUS 2000, ma sia i vulcanologi che gli amministratori locali e nazionali stentano a capire questo nuovo tipo di paradigma di mitigazione del rischio.


VESUVIUS 2000

Le future catastrofi nell'area vesuviana possono essere prevenute solo se sara' possibile creare un ambiente sicuro per la popolazione che vive intorno al vulcano. Tale ambiente non puo' essere prodotto da piani di evacuazione che, per definizione, sono elaborati solo per gestire l'emergenza, ma con campagne di informazione e di educazione al rischio e con la prospettiva di incentivi economici indirizzati al raggiungimento di collaborazione tra diversi attori e alla riorganizzazione del territorio. Questi attori sono persone di tutti i livelli sociali che vivono e lavorano nell'area e i cui discendenti dovranno confrontarsi con eruzioni devastanti. In un ambiente ben organizzato le persone sono consapevoli del pericolo e sono anche fiduciose che il pericolo puo' essere rimosso, perche' esse sono state preparate sul comportamento da assumere in un'emergenza. Ad una popolazione consapevole del rischio non si devono impartire indicazioni sul da farsi e su come comportarsi in una situazione di emergenza. Nella situazione ideale il territorio si dovrebbe autoregolare e ci dovrebbe essere una grande intesa tra la popolazione e gli amministratori. Tutte queste caratteristiche mancano nell'area vesuviana, e l'attuale piano di emergenza non puo' crearle, perche' esso non fu elaborato per questo scopo. Un piano, che soltanto fornisce una illusione di sicurezza e i cui artefici e sostenitori affermano che <>, mentre la popolazione e gli scienziati sono tenuti all'oscuro su che cosa esattamente sia sotto controllo, non fu elaborato per produrre sicurezza per la popolazione, ma per controllarla allo scopo di trarne benefici politici ed economici a favore dei promotori del piano. VESUVIUS 2000 opera nell'opposta direzione. La sua premessa di base e' che una sicura convivenza del popolo con il vulcano e' possibile e che questa convivenza puo' produrre benefici socio-economici, scientifici e culturali alla popolazione senza provocare effetti contrari all'ambiente. VESUVIUS 2000 non mira ad una fuga massiccia dal Vesuvio in caso di un'emergenza, ma a preparare la popolazione ed il territorio a confrontarsi con le emergenze con minime perdite culturali e socio- economiche. Per le deleterie abitudini mentali esistenti nell'area vesuviana, questo tipo di preparazione richiede tempo per affermarsi e, per questo, dovrebbe essere avviato subito per essere cosi' pronti per la prossima grande eruzione (vedi quadro delle probabilita').

I pericoli delle future eruzioni del Vesuvio non possono essere eliminati, ma i loro effetti sul territorio possono essere controllati riorganizzando l'ambiente in cui la popolazione vive e lavora. Varie aree intorno al vulcano sono esposte a diversi pericoli di terremoto, di materiale vulcanico (lave, piroclastititi, flussi di fango), e di dissesto idrogeologico che devono entrare nell'analisi del rischio. Questa analisi include anche la popolazione e le abitazioni perche' anch'esse contribuiscono a quantificare la vulnerabilita' e il valore nel bilancio del rischio. Diversi attori nel territorio dovrebbero, dunque, acquisire la consapevolezza della necessita' di collaborare per creare la sicurezza. Questa non puo' essere costruita su poco affidabili previsioni delle eruzioni vulcaniche o su deportazione della popolazione e distruzione della sua cultura, ma piuttosto mirando ad abitudini mentali tese a salvaguardare quanto c'e' di positivo e ad eliminare o perlomeno ridurre il negativo. Se non si coltivano tali abitudini, e' impossibile produrre un cambiamento dell'attuale paradigma di rassegnazione, fatalismo, potere dell'ignoranza, tifoseria, omerta', clientelismo. VESUVIUS 2000 mira ad affrontare queste ed altre problematiche ed il suo scopo e' di portare la popolazione nella casella 1 della matrice del rischio. In tale stato la popolazione e' pienamente consapevole non solo del pericolo ma anche delle opportunita' di ridurre il pericolo. Molti vesuviani sono consapevoli del pericolo perche' il vulcano e' stato attivo fino a 50 anni fa, ma non conoscono le opportunita' o come trarre vantaggio dal pericolo per produrre le condizioni per esse. Questo e' VESUVIUS 2000, ma le abitudini mentali dei vesuviani impediscono di superare questo paradosso incommensurabile. E' drammatico che i leaders dell'Unione Europea e quelli di molte istituzioni culturali, scientifiche e politiche italiane siano ciechi al problema Vesuvio o al vantaggio che da esso puo' derivare.

VESUVIUS 2000 richiede che il problema Vesuvio sia affrontato attraverso progetti interdisciplinari che coinvolgono ingegneri, pianificatori urbani, sociologi, educatori, economisti, ambientalisti, geofisici, volontari della protezione civile, e la popolazione. I suoi obiettivi principali sono:

L'obiettivo finale di VESUVIUS 2000 non e' solo quello di produrre una valutazione della quantificazione del rischio, o delle possibili perdite umane, materiali, socio-economiche e culturali nell'area vesuviana in seguito a future eruzioni del vulcano, ma anche di elaborare metodi di mitigazione del rischio tramite l'autoregolazione del territorio e l'educazione della popolazione. A questo scopo e' necessario organizzare seminari e congressi che mettano a confronto la popolazione, gli esperti e gli amministratori locali e nazionali, cosi' da stabilire fattive collaborazioni interdisciplinari o elaborare progetti per la ridistribuzione delle risorse produttive e non nel territorio. Rendere la popolazione consapevole del proprio ambiente produrra' nuove opportunita' economiche e culturali, perche' questo richiede investimenti economici nella riorganizzazione del territorio.

Sfortunatamente, gli amministratori locali, nazionali e dell'Unione Europea sono restii ad affrontare il problema Vesuvio nella sua globalita' e non sono stati capaci di sostenere l'iniziativa VESUVIUS 2000, nascondendosi, invece, dietro un piano di evacuazione stilato solo per creare un'illusione di sicurezza. Tale "cultura" di emergenza non e' solo dannosa per l'area vesuviana, ma anche per lo sviluppo della Cultura Occidentale. Le simulazioni fisico- matematico-informatiche e la statistica della storia eruttiva dimostrano che una grande eruzione del Vesuvio si verfichera' nel prossimo futuro ed, ignorando le nostre istanze (VESUVIUS 2000), gli amministratori locali, nazionali e dell'Unione Europea stanno preparando il territorio ad una catastrofe umana ed ambientale.


Main Selection?